CONVERTITEVI: IL REGNO DEI CIELI È VICINO!

(Dalla Lectio divina di d. Cristiano Cavedon)

“In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»” (Mt 3,1-2). La sua missione è stata quella di preparare e spianare la via davanti al Messia, chiamando il  popolo d’Israele a pentirsi dei propri peccati e a correggere ogni iniquità. Con parole esigenti Giovanni Battista annunciava il giudizio imminente: “Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10). Metteva in guardia soprattutto dall’ipocrisia di chi    si sentiva al sicuro per il solo fatto di appartenere al popolo eletto: davanti a Dio – diceva – nessuno ha titoli da vantare, ma deve portare “frutti degni di conversione” (Mt 3,8). Mentre prosegue il cammino dell’Avvento, mentre ci prepariamo a celebrare il Natale di Cristo, risuona nelle nostre comunità questo richiamo di Giovanni Battista alla conversione. E’ un invito pressante ad aprire il cuore e ad accogliere il Figlio di Dio che viene in mezzo a noi per rendere manifesto il giudizio divino. Il Padre – scrive l’evangelista Giovanni – non giudica nessuno, ma ha affidato al Figlio il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo (cfr. Gv 5,22.27). Ed è oggi, nel presente, che si gioca il nostro destino futuro; è con il concreto comportamento che teniamo in questa vita che decidiamo della nostra sorte eterna. Al tramonto dei nostri giorni sulla terra, al momento della morte, saremo valutati in base alla nostra somiglianza o meno con il Bambino che sta per nascere nella povera grotta di Betlemme, poiché è Lui il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità. Il Padre celeste, che nella nascita del suo Unigenito Figlio ci ha manifestato il suo amore misericordioso, ci chiama a seguirne le orme facendo, come Lui, delle nostre esistenze un dono di amore. E i frutti dell’amore sono quei “degni frutti di conversione” a cui fa riferimento san Giovanni Battista, mentre con parole sferzanti si rivolge ai farisei e ai sad-ducei accorsi, tra la folla, al suo bat-tesimo. Mediante il Vangelo, Giovanni Battista continua a parlare attraverso i secoli, ad ogni generazione. Le sue chiare e dure parole risultano quanto mai salutari per noi, uomini e le donne del nostro tempo, in cui anche il modo di vivere e percepire il Natale risente purtroppo, assai spesso, di una mentalità materialistica. La “voce” del grande profeta ci chiede di preparare la via al Signore che viene, nei deserti di oggi, deserti esteriori ed interiori, assetati dell’acqua viva che è Cristo. Ci guidi la Vergine Maria ad una vera conversione del cuore, perché possiamo compiere le scelte necessarie per sintonizzare le nostre mentalità con il Vangelo. (Benedetto XVI, Angelus, 9 dicembre 2007)

INIZIA L’AVVENTO

 tempo di luce e attesa

 “Vegliate in ogni momento pregando…” (Lc 21,36)

Con questa forte esortazione del Vangelo entriamo nel tempo di Avvento: un cammino di quattro settimane in cui la Chiesa ci invita a risvegliare il cuore e ad aprirci alla venuta del Signore. Gesù ci chiede vigilanza, non per vivere nell’ansia, ma per riconoscere la sua presenza che continuamente viene a visitarci. Vigilare significa avere occhi attenti ai segni del bene, al bisogno dei fratelli e ai piccoli germogli di speranza che Dio fa nascere nel quotidiano. L’Avvento è anche tempo di preghiera, perché solo nella relazione con il Signore impariamo a leggere la storia con fiducia. Pregare ci rende saldi, capaci di affrontare ogni stagione della vita e di rimanere orientati verso la meta: l’incontro con Cristo, che entra nel nostro cammino e un giorno ci accoglierà nella pienezza della gioia che Egli dona.  In questo tempo santo siamo chiamati a rinnovare l’attesa:

– attesa del Natale, memoria viva dell’incarnazione del Figlio di Dio;

– attesa della venuta finale di Cristo, quando Egli condurrà tutto al suo compimento;

– attesa della venuta quotidiana del Signore, nelle persone, negli eventi e nei segni della Sua misericordia.

Lasciamo che la luce, già presente nell’attesa, accenda in noi il desiderio di incontrare il Figlio dell’uomo che viene a salvarci.

Buon cammino di Avvento!

Il “carisma” della Parrocchia del Duomo

Il 24 ottobre scorso alle ore 18.00 nella Pieve di S. Maria di castello si sono incontrati gli operatori pastorali della collaborazione pastorale che comprende le parrocchie del centro di Udine (B.V. delle Grazie, S. Quirino e SS. Redentore, S. Giorgio, S. Maria Annunziata) per una veglia di preghiera all’inizio dell’anno pastorale 2025-26.

Celebrare l’inizio del nuovo anno pastorale in Santa Maria di Castello ha ricondotto noi tutti alla “radice” comune più che millenaria, alla Pieve madre, la prima in cui si espressero la fede e la preghiera dei credenti che si andavano stabilendo in questi luoghi.

Potremmo ripercorrerne i passi nelle stesse pietre, contemplare il mistero divino qui espresso nell’arte, riconoscere – con grata meraviglia – come gli eventi della storia e i cataclismi della natura non ci abbiano privati del tesoro prezioso che qui si esprime: la tenace fede dei padri che si è propagata nei secoli fino a raggiungerci, linfa che scorre e continua a vivificare l’esistenza e lo spirito dei “molti”.

All’antica Pieve sul colle fu dato il nome di “Sancta Maria Minor”: fu affidata alle cure di una Confraternita di laici che la custodirono con sollecitudine, in una bella collaborazione con i pastori che sembra precorrere – ante litteram – e avvalorare parte di quanto sarà espresso dal Concilio Vaticano II, molti secoli dopo (AA).

La nostra comunità del Duomo deve riscoprire queste buone radici, vivere il presente con la tenacia di ricordare e custodire la memoria, mentre si riconosce luogo vivo in cui esprimere ancora il senso della “domus” come casa accogliente, nello spirito esemplare della maternità di Maria.

Ogni parrocchia ha manifestato il suo carisma: Chi vive con maggiore intensità le opere di carità, chi cura maggiormente la liturgia ed in particolare la preghiera nella Adorazione dell’Eucaristia, chi promuove la gli incontri di lectio divina e propone la riflessione previa della Parola di Dio che si legge alla domenica. La nostra Parrocchia vive nella Cattedrale ed è arricchita dal compito di “accogliere” le numerose persone che giungono per motivi diversi, religiosi o artistici o turistici e richiedono un servizio multiforme cui si provvede anche con il gruppo degli “Amici della cattedrale”.

È sede del vescovo che è segno di comunione e di unità per la chiesa friulana e pronuncia il suo insegnamento per la Diocesi intera, dalla quale affluiscono fedeli e comunità in varie occasioni per celebrazioni liturgiche o per incontri di preghiera. La parrocchia sostiene due scuole di “canto liturgico” per le celebrazioni solenni: La Cappella Musicale e l’Associazione Pueri e Juvenes cantores. In Duomo si svolgono eventi culturali significativi a cui partecipano musicisti, studiosi e appassionati delle arti.

Vive in mezzo a noi anche la comunità delle persone non udenti per le quali si celebra la S. Messa ogni mese e svolge attività catechistico-culturale aiutata anche da persone udenti. 

Diverse famiglie di ogni età partecipano alle liturgie domenicali e anche i bambini che frequentano il catechismo trovano una loro collocazione all’interno delle celebrazioni, animano e suggeriscono il futuro. La terza domenica del mese è dedicata alla raccolta dei generi alimentari per le persone bisognose e la Messa è celebrata in particolare con le famiglie. Ogni giorno un sacerdote del capitolo metropolitano è disponibile per l’ascolto delle persone e per la celebrazione del sacramento della Riconciliazione.

I fedeli affluiscono da vari luoghi, anche da Paesi del mondo molto lontani, per devozione, trasferimenti, migrazioni: anche il turismo ne favorisce la presenza.

I battenti del grande portale spalancato per il Giubileo che stiamo vivendo esprimono bene l’abbraccio ideale che la comunità del Duomo è chiamata a realizzare, scoprendo che il suo carisma di elezione è l’accoglienza: perché la “dimora di Dio con gli uomini” di oggi sia non solo “casa di preghiera”, ma anche casa familiare per tutti.

(Francesca e Giuseppe Berton)

CHE BELLA CERIMONIA!

È questo che noi sacerdoti ci sentiamo dire dopo la celebrazione della Messa di Prima Comunione con i piccoli o della Cresima con i giovani o con gli sposi dopo il matrimonio. Ma la liturgia è una cerimonia? Un piccolo spettacolo che deve emozionare? E per giunta si ripete sempre allo stesso modo come l’Eucaristia ogni domenica e perciò può diventare anche noiosa!?

Carissimi, è martedì sera. Ho appena incontrato i cresimandi che oggi alle 19.00 riceveranno la Cresima, i catechisti che li hanno accompagnati in questi due anni, i genitori ed i padrini. E’ una gioia non solo per la famiglia e per la parrocchia ma  per tutta la chiesa poter accogliere questo dono. Questi giovani sono chiamati a dare testimonianza della fede con la vita. Certamente. Ma questo viene in seconda battuta. Alla radice sta un dono da parte di Dio, che avviene tramite un Rito. Cos’è un Rito? Lo comprendiamo celebrandolo con gesti, segni e parole. Non è una cerimonia. Il protagonista principale è Cristo. È Lui che lo compie, tramite il suo ministro che ordinariamente nella Cresima è il Vescovo, il quale ungendo col crisma la fronte di ognuno dei cresimandi, dice:

“Ricevi il sigillo delle Spirito Santo che ti è dato in dono”.

Il rito ha il potere di mettere in contatto con Dio, introduce nel mistero, dona la possibilità di fare esperienza di Dio, è incontrare Dio stesso. Il rito agisce su questi giovani, dona la grazia di Dio, tramite il segno delle mani che il Vescovo ed i sacerdoti presenti stendono su di loro invocando lo Spirito. È una collaborazione misteriosa e meravigliosa.

Da questo dono dello Spirito, solo come conseguenza, nasce poi la testimonianza, come risposta libera all’amore di Dio. Più si abita il rito, più si sta nel rito, più ci si coinvolge nel rito e più la nostra testimonianza diventa generosa nella vita perché si viene abitati da Dio, che dona la forza di Gesù, il quale ha offerto gratuitamente la sua vita per noi e ci conforma a sé fin dal giorno del nostro Battesimo.

Allora comprendiamo come siano importanti i sacramenti per la vita cristiana e perché sempre ci ricol-leghiamo al Battesimo, dove abbiamo ricevuto una vita nuova, quella di Cristo. Questi giovani accolgono lo Spirito che rafforza la vita nuova di figli di Dio e aiuta a crescere nella medesima mentre vengono unti con il crisma, olio profumato misto a balsamo.

Cristo, Messia, Unto del Signore ha la triplice missione di essere: Profeta, sacerdote e pastore.  Conformati a Cristo noi siamo chiamati alla stessa missione: essere profeti nel senso che interpretiamo quello che avviene alla luce della Parola di Dio e la diffondiamo vivendola; sacerdoti perché offriamo a Dio il culto dovuto compresa la nostra vita; pastori perché amiamo il nostro prossimo come lui ci ha amati. Questa, in sintesi è stata la catechesi che ho tenuto ai cresimandi, ai loro genitori e ai padrini. Credo che per noi tutti, queste celebrazioni siano stimolo per riflettere con gratitudine sui doni che Dio ci ha elargito e per darne lieta testimonianza come risposta ad un amore gratuito che ci ha raggiunti nella nostra vita. Cordialmente. Don Luciano, parroco

“SUL MONDO SPLENDE IL SOLE OLTRE LE NUBI”

ESSERE CRISTIANI OGGI: UNA FEDE CHE  TRASFORMA LA VITA

Un cristiano si contraddistingue principalmente per la fede in Gesù Cristo, l’impegno a vivere secondo il suo insegnamento e la presenza di un amore altruistico e concreto verso il prossimo.

Per comprendere meglio cosa significhi essere cristiani e come questa identità si traduca nella vita di ogni giorno, possiamo considerare alcuni aspetti fondamentali della fede e della testimonianza.

Identità e fede

La caratteristica fondante di un cristiano è la relazione personale con Cristo: non si tratta semplicemente di aderire ad alcune regole o di partecipare a riti religiosi, ma di avere una fede viva in Gesù risorto, riconoscendolo come Figlio di Dio e Salvatore personale.

Questa fede produce una trasformazione della vita, che si manifesta in scelte, pensieri e atteggiamenti rinnovati.

Espressione quotidiana

Un cristiano autentico cerca di armonizzare la propria vita con la Parola di Dio e la volontà divina: esprime giustizia, pazienza, umiltà, onestà e

altruismo in ogni ambito, sia nella famiglia sia nella società. Il cristiano si distingue per la capacità di perdonare, aiutare chi è in difficoltà, essere sincero e servire senza secondi fini. I suoi atti sono guidati dall’amore e dalla ricerca del bene altrui. 

Dimensione interiore e testimonianza

La differenza tra il semplice credente e il vero cristiano sta nell’incontro reale con Cristo, che diventa il centro e la guida della vita. Testimoniare la propria fede, cioè vivere e agire in modo coerente con il Vangelo, rappresenta una caratteristica essenziale. Non basta, infatti, conoscere o praticare esteriormente la religione: ciò che distingue il cristiano è la fedeltà interiore e la disponibilità a lasciarsi cambiare da Dio.

Libertà e autonomia spirituale

Un cristiano non si lascia condizionare dalle mode o dallo “spirito del tempo”, ma vive secondo i principi del Vangelo, anche se questi sono controcorrente rispetto alla mentalità diffusa.

La libertà dalle inclinazioni egoistiche e dalla ricerca del consenso sociale è segno distintivo della maturità cristiana. 

Sintesi

• Fede in Gesù Cristo come Signore e Salvatore.

• Vita rinnovata e coerente con il Vangelo.

• Amore altruistico verso il prossimo e capacità di perdonare.

• Libertà interiore, indipendenza dal giudizio del mondo.

• Testimonianza concreta della propria fede con le opere

Conclusione

Essere cristiani non è una condizione acquisita una volta per tutte, ma un cammino quotidiano di fede, conversione e amore. In un mondo che spesso esalta l’apparenza, il successo e l’individualismo, il vero discepolo di Cristo sceglie la via della semplicità e del dono di sé.

Il cristiano autentico non cerca di distinguersi con le parole, ma con la coerenza e la luce delle proprie azioni.

Ogni gesto di perdono, ogni atto di servizio, ogni scelta guidata dall’amore diventa allora una piccola testimonianza del Vangelo vivente. Solo così la fede smette di essere un’idea astratta e si fa vita che illumina e rinnova il mondo. 

A conclusione di questo cammino di riflessione, lasciamo che risuoni nel cuore l’invito di Gesù, che illumina il senso profondo dell’essere cristiani:

“Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte.”  (Matteo 5,14)

 (Sebastiano Ribaudo)

SUL MONDO SPLENDE IL SOLE OLTRE LE NUBI

“AMA E FA’ CIÒ CHE VUOI”

(Sant’Agostino, Omelia su 1 Giovanni 7,8)

Tra le molte frasi che la tradizione cristiana ci ha consegnato, poche possiedono la forza e la profondità di questo celebre passo di Sant’Agostino: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Apparentemente semplice, quasi provocatorio, esso racchiude una concezione dell’etica e della libertà che, a distanza di secoli, continua a parlare con sorprendente attualità. Dietro l’apparente paradosso si cela una visione dell’uomo e del suo rapporto con Dio fondata sull’amore come principio ordinatore dell’esistenza. Per comprendere appieno la portata di queste parole, è utile soffermarsi su quattro aspetti fondamentali del pensiero agostiniano. 

L’importanza dell’amore 

Per Agostino, l’amore – inteso come caritas – non è un’emozione passeggera, ma un principio etico e teologico che orienta l’intera vita morale. Amare Dio significa aderire a Lui con tutto il proprio essere e, di conseguenza, amare il prossimo in modo autentico e disinteressato. Chi ama Dio sopra ogni cosa desidera spontaneamente ciò che è giusto e buono, poiché ogni suo atto nasce dal desiderio di compiere la Sua volontà. L’amore, dunque, diventa la radice e la misura di ogni comportamento morale. 

La libertà come conseguenza 

La seconda parte della frase, “fa’ ciò che vuoi”, non è un invito al capriccio o all’anarchia morale, ma la naturale conseguenza dell’amore autentico. Quando il cuore è guidato dall’amore di Dio, le azioni che ne derivano non possono che essere rette. Non serve un elenco di comandamenti imposto dall’esterno, perché è la voce interiore dell’amore a indicare la via corretta.

In questo senso, la libertà non coincide con l’assenza di regole, ma con un’autentica adesione interiore al bene. È la libertà di chi ama, e proprio per questo non può che agire in modo giusto.

Il legame tra etica e religione

Questa visione illumina il nesso profondo tra etica e religione nel pensiero agostiniano. L’etica non è un insieme di norme rigide, ma il frutto di una relazione viva con il divino. La virtù non nasce da un’obbedienza meccanica, ma da un cuore trasformato dall’amore. In questa prospettiva, l’agire morale non si fonda sulla paura della punizione o sul calcolo del merito, ma sull’intima comunione con Dio, che è la fonte stessa del bene.

Agire per amore, non per timore

Anche fuori da un contesto strettamente teologico, le parole di Agostino custodiscono un messaggio universale. Ci ricordano che le azioni più autentiche nascono da motivazioni profonde e positive -dall’amore, dalla compassione, dal desiderio del bene – piuttosto che dall’obbedienza cieca o dal timore delle conseguenze. È un invito a guardarci dentro e a chiederci: perché facciamo ciò che facciamo? Agiamo per convenzione, per dovere, o per sincero amore verso ciò che è giusto? L’attualità di questo insegnamento è sorprendente. In un tempo in cui la libertà è spesso confusa con l’individualismo e l’etica con la paura del giudizio, Sant’Agostino ci ricorda che la vera libertà nasce solo dall’amore. Solo chi ama davvero può dire, con piena verità: fa’ ciò che vuoi. Che l’amore – principio e fine di ogni cosa – possa orientare le nostre scelte quotidiane, non solo nei momenti di riflessione, ma nella dimensione profonda delle nostre relazioni e decisioni. Buona settimana a ciascuno di voi!

(Sebastiano Ribaudo)

LA FELICE CONCLUSIONE DI UN EVENTO STORICO PARROCCHIALE

Sabato 18 ottobre ore 16.30: “Noi, ministri dell’amore di Dio”

Una mezza giornata bellissima abbiamo vissuto insieme nella chiesa di S. Maria di castello in occasione della celebrazione della S. Messa per i coniugi. Erano presenti oltre 50 coppie che avevano celebrato il matrimonio in questa chiesa negli anni passati oppure stavano festeggiando i lustri di matrimonio. C’erano le coppie che si erano sposate da pochi anni e quelle che ricordavano addirittura 60 anni di matrimonio. È stata animata dal Coro “Jiuvenes Cantore del Duomo” diretti dal M° Andrea Toffolini. Una bicchierata in allegria nella “Casa della contadinanza” ha chiuso l’incontro con soddisfazione di tutti. Ecco il miracolo del “Passaparola”…

Domenica 19 ottobre ore 17.00: Maria, icona della nostra storia.

A chiudere tutta la serie delle celebrazioni per l’inaugurazione della Pieve di S. Maria di castello è stato il Concerto spirituale “Maria, icona della nostra storia”. I canti eseguiti dalla Cappella Musicale della Cattedrale, diretta dal M° Davide Basaldella, accompagnati da giovani organisti, e la calda voce recitante di Francesco Cevàro, che ha proposto poesie mariane di R. M. Rilke e di Dante, hanno elevato lo spirito nella contemplazione della vita della B. V. Maria che coinvolge anche nostra storia. Altri scriveranno più diffusamente su quanto abbiamo vissuto in questi giorni, sul Bollettino Parrocchiale che verrà pubblicato in occasione del prossimo S. Natale.  

E ADESSO? SUONANO LE CAMPANE DI SANTA MARIA!

Carissimi, ho già avuto modo di manifestare la mia soddisfazione e la gioia di tante persone, incontrate in questi giorni, a motivo del restauro della Pieve di Udine. Adesso tutti mi chiedono: “Sarà aperta ogni giorno la Pieve? Io rispondo subito con entusiasmo: “Certamente…se mi darete una mano a tenerla aperta!” “ Ah!”  E’ la solita risposta che mi viene data, che tante volte fa morire il discorso. Infatti, un “Ah!!!” non apre la porta della chiesa.  Tre persone però mi hanno già risposto accogliendo l’invito. Ormai da tanti anni abbiamo dato inizio ad un gruppo chiamato “Gli amici della Cattedrale” che vengono dalla città e anche dai paesi (Zugliano, Tricesimo, Mortegliano, S. Margherita, ecc. e fanno un ottimo servizio di volontariato tenendo aperti il Museo medievale del Duomo e delle sale superiori e la chiesa della Purità, coordinati dalla dott. Maria Beatrice Bertone.

Perché non dare anche alle altre chiese la possibilità di essere visitate per la preghiera e per le opere d’arte che custodiscono, almeno per qualche ora al giorno? Cosa costa dedicare due ore alla settimana a questo scopo? Mi rivolgo in modo particolare ai pensionati. Oltre tutto attraverso le opere che troviamo nelle chiese, si può fare una catechesi anche per far conoscere il Cristo ed il suo mistero. Ci sono anche alcuni ragazzi appassionati d’arte che si dedicano assiduamente oppure saltuariamente a questa attività. Siano benvenuti. Grazie di cuore.

Carissimi, è tempo di rimboccarsi le maniche e non stare a lamentarsi…che è uno sport tanto frequente quanto inutile. Mi rivolgo non soltanto alle persone che frequentano il Duomo ma anche a quelle che partecipano alla S. Messa nelle altre chiese della Parrocchia: S. Pietro martire, S. Giacomo, S. Cristoforo. Nella comunità, chi può deve dare il suo contributo con la collaborazione, con la presenza, con la preghiera. Ho ferma speranza che questo appello porti frutti abbondanti!

Le campane della Pieve chiamano! Chi risponde? 

Un cordiale saluto a tutti. Don Luciano, parroco

COSE BELLE SUCCEDONO TRA NOI

Carissimi amici che avete la cortesia di seguire ogni domenica la vita della nostra parrocchia, mi piace riferire quanto io sento in questi giorni che sono certamente di preoccupazione a causa delle guerre e delle ricorrenti violenze ma anche di gioia per le cose belle che succedono tra noi e sono segni di speranza.

Domenica sera 5 ottobre

Abbiamo inaugurato la Pieve di S. Maria di castello. La giornata era iniziata con la pioggia a catinelle ma si vede che era la benedizione del Signore; infatti, nel pomeriggio si sono aperte le nubi nel cielo ed il sole è comparso a far festa con noi. Molte persone son salite alla chiesa per la Benedizione impartita dall’ Arcivescovo. La processione lungo il viale che circonda il piazzale del castello è stata suggestiva certamente per i canti alla Madonna sostenuti dalla Cappella Musicale della cattedrale e dalla Filarmonica di Colloredo di Prato ma anche per la comparsa della luna che saliva nel cielo da una parte e del sole che scendeva al tramonto dall’altra. Già di per sé era uno spettacolo. Il duomo poi era affollato per la S. Messa come nelle feste grandi. Giustamente. La riscoperta delle radici è sempre un avvenimento significativo e rigenerante.

Mercoledì 8 ottobre

È stato il turno dei giovani. Alla sera oltre 120 giovani della città erano presenti ad ascoltare la catechesi di Pietro Sarubbi, quell’attore che nel Film “The Passion” di Mel Gibson ha reso viva e reale la figura di Barabba. Si è convertito incontrando lo sguardo penetrante di Cristo, impersonato dall’attore Jim Caviezel, lui pure a sua volta convertito. Come sono misteriose le strade del Signore che si serve di tutto e di tutti per annunciare la sua bella notizia!

Domenica 12 ottobre

La chiesa ed il piazzale del castello sono stati animai dalla presenza di tanti bambini del catechismo con i loro genitori. Movimentata la Messa e allegro il pranzo al sacco. Nel pomeriggio i simpatici giovani del “Teatro del Silenzio” (un po’ rumoroso!) hanno raccontato con brillantezza e bravura la storia dell’angelo del castello passato attraverso varie vicende, mimate con canti e scene che attraevano l’attenzione dei piccoli e dei grandi.

Martedì 14 ottobre

Era programmata un’ora di preghiera per la pace in terra Santa ed in Ucraina. Al mattino un clima di preoccupazione circolava in città mettendo apprensione specialmente negli abitanti del centro città, per la manifestazione pro Palestina in programma. Ciononostante, circa 130 persone hanno scelto d recarsi in chiesa a pregare con l’arcivescovo di Udine.

Giovedì 16 ottobre           

Un piccolo gruppo di sacerdoti e diaconi della città, ha assistito ad una relazione tenuta da Mons. Sandro Piussi, Direttore dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici, il quale ha illustrato con competenza e dovizia di particolari la storia della Pieve commentando anche gli affreschi e presentando le scelte compiute nei lavori di restauro, di comune accordo con la Soprintendenza. Un cordiale ringraziamento a don Sandro da parte di tutti i presenti e mio personale, per la disponibilità e l’impegno profuso nella ricerca sulla storia di questa chiesa.

Una domanda frequente che sento: Chi terrà aperta la chiesa di S. Maria di Castello? Mi domando anch’io. Vi farò una proposta la prossima domenica.

Don Luciano, parroco

SUL MONDO SPLENDE IL SOLE OLTRE LE NUBI

Quando ero bambino, lessi questa vecchia leggenda ebraica: «Dinanzi alle porte di Roma sta seduto un mendicante lebbroso e aspetta. È il Messia!». Mi recai da un vecchio e gli chiesi: «Che cosa aspetta?». E il vecchio mi dette una risposta che capii solo molto più tardi. Egli mi disse: «Aspetta te!».Martin Buber, filosofo ebreo del Novecento, ha sempre riflettuto sul rapporto tra l’uomo e Dio e, soprattutto, sull’importanza dell’incontro autentico tra gli esseri umani. La leggenda che egli cita racconta di un mendicante lebbroso seduto davanti alle porte di Roma: egli è il Messia, ma non appare come un re potente o un liberatore trionfante, bensì come un povero malato, fragile ed escluso dalla società.

Quando il bambino chiede: «Che cosa aspetta?», il vecchio risponde: «Aspetta te!». Questa frase cambia radicalmente il significato della leggenda: il Messia non è solo colui che deve venire in un futuro lontano, ma è già qui e attende la risposta dell’uomo. “Aspetta te” significa che la redenzione non dipende soltanto da un intervento divino, ma anche dall’impegno e dalla responsabilità di ciascuno.

Secondo Buber, infatti, l’essere umano non può limitarsi ad aspettare passivamente che le cose cambino: deve diventare lui stesso parte della salvezza, attraverso i gesti di amore, giustizia e cura verso l’altro, che sono la risposta al dono di Dio. L’immagine del mendicante lebbroso insegna che Dio e il senso più profondo della vita si manifestano proprio nei più poveri e nei più emarginati, e che l’incontro con l’altro sofferente è il luogo in cui l’uomo incontra davvero Dio.

In questo modo, Buber ci fa capire che la speranza messianica non è evasione dal presente, ma un compito concreto e quotidiano: non dobbiamo solo aspettare, ma essere noi stessi la risposta all’attesa del mondo. La salvezza comincia quando smettiamo di aspettare e agiamo.  

(Sebastiano Ribaudo)

DOPO LA FESTA UN GRANDE GRAZIE A TUTTI

Carissimi amici,

         chi si aspettava tanta gente domenica scorsa per la inaugurazione della Pieve di Santa Maria di castello? È stata una manifestazione ricca di presenze e di soddisfazione per un’opera compiuta che attendevamo di visitare e di poter godere nuovamente dopo tanti anni di chiusura e di lavori che sembravano interminabili. Il Covid, il reperimento dei fondi, le attese per decidere il da farsi circa gli aspetti artistico e finanziario. Se si mette mano a progetti, a delle antiche opere importanti che devono durare nel tempo, bisogna sapersi fermare a tempo opportuno, confrontarsi con le varie competenze e quindi decidere ed attuare ciò che si è ben ponderato ma può darsi che in corso d’opera si debba arrestarsi di nuovo per una un’ulteriore riflessione. E così è stato. Intanto il tempo è passato. Chi è responsabile conosce le fatiche, la pazienza, le discussioni che all’esterno non appaiono, sembrano soltanto ritardi inspiegabili, frutti di pigrizia e disinteresse. Vi garantisco che così non è stato, da parte di nessuno. Per questo desidero di grazie a tutti. Non li voglio menzionare perché, chi si è impegnato in quest’opera, sa per esperienza e già l’opera compiuta dona soddisfazione. Non siamo rimasti con le mani in mano ad aspettare ma ci siamo dati da fare, pur non rallentando il corso della pastorale quotidiana. Ora dobbiamo pagare i debiti che restano ed allestire all’interno le opere che sono patrimonio della chiesa, perciò appartengono a tuta la comunità. Occorre l’arredo necessario: l’Altare e l’ambone, la sede. Qualche anno fa, abbiamo dotato la chiesa dei banchi nuovi recuperando anche alcune panche antiche. la statua di S. Biagio e della Vergine Maria col Bambino, la dormitio Virginis. Tutto è stato offerto dalle famiglie o dalle persone singole in memoria dei propri cari defunti. Chi è disposto ad offrire l’altare o l’ambone o la sede, anche mettendosi insieme con altre persone? Ringrazio tutti e penso che tutti possano gioire insieme con quanti sono stati gli artefici del recupero della Pieve di Udine. La benedizione della chiesa, la processione sul piazzale del castello fino alla cattedrale sono stati momenti memorabili che resteranno nella storia della nostra parrocchia. Molti potranno dire: “C’ero anch’io”. Deo gratias!

Don Luciano parroco.

Carissimi,

            ritengo utile pubblicare sulle pagine del nostro sito, oltre che su quello della Diocesi e sul foglietto domenicale che si distribuisce in chiesa, le opportunità di catechesi in preparazione ai sacramenti perché questi siano accolti come un dono della grazia di Dio che interviene su di noi in tutte le fasi della nostra vita. Aiutare a prendere coscienza di questa grazia e a esprimere riconoscenza al Signore, è la missione della chiesa che prolunga nel mondo la stessa missione di Cristo. Il passaparola per far conoscere queste opportunità presso parenti, amici, vicini di casa, fa parte di quel desiderio di comunicare una esperienza che per noi è stata bella e ricca di fede e perciò si ha il coraggio di proporla anche agli altri. Il cristianesimo si propaga non per artifizi, proselitismo, interventi posti ad arte per convincere ma per attrazione. Seminiamo sempre la nostra vita con la nostra esperienza nei solchi della storia, con umiltà e coraggio. Il Signore farà crescere il seme che gettiamo con la coscienza che forse non raccoglieremo i frutti, cosicché la semina sarà nella libertà e nella fiducia del seminatore che crede nella potenza del seme.

Vi aspetto domenica prossima alle ore 18.00 alla Pieve di S. Maria di Castello per rendere gloria al Signore e a pregare la Regina della Pace.

A tutti un saluto cordiale.                        Il parroco d. Luciano.